In questo giorno che precede quella che dovrebbe essere l'ultima boufe dell'anno, prima di ogni cenone possibile, ricordo a me stesso i propositi espressi all'alba del 27 dicembre. Li ricordo per me e li riassumo per chi vuole riavermi accanto il prossimo anno.
La tradizione della mia famiglia di origine prevede il cenone della vigilia. E' sempre stato un'occasione di grande festa. Non si poteva assolutamente mancare pena la scomunica di mio padre e l'ostracismo completo per almeno tre mesi. Di solito tutti a casa di mamma, anche in 30. Qualche rara volta a casa di uno dei rampolli. Escluso Alberto che ha dimestichezza esclusiva con la rosticceria sotto casa ma che ormai porta in dote Costanza che è specializzata in dolci sublimi. Cenoni pantagruelici. Di positivo c'era il fatto che un solo cuoco/a non poteva materialmente andare oltre una certa soglia di quantità. Anche perchè la qualità delle piatenze era sottoposta a un controllo degno del cominform. Con un pizzico crudeltà e, pur sorridendo, e giustificando pietosamente il cuciniere di turno, in caso di cose freddine, poco riuscite o peggio di preparazione troppo anticipata le punzecchiature e le risatine erano di pragmatica.
Quest'anno, con la scusa che eravamo meno, solo dodici abbiamo deciso di cambiare metodo e affidando a ciascuno dei quattro cucinieri abituali la fattura di due piatti. Forse che qualcuno abbia rispettato il limite? Io stesso, lo confesso, con la scusa che non avevo trovato le sarde per farle al beccafico alla maniera palermitana, mi sono lanciato in due antipasti e due primi: polpo tiepido con patate e vol au vent di calamari e carciofi, tagliolini freschi al nero di seppia e, per gli schizzinosi, paccheri cernia e zucchine. Mejir e Laura hanno sostanzialmente rispettato l'impegno producendo inebrianti vassoi di zaziki, taramosalada, melanzanosalda oltre ad una nuova, piccantissima salsa a base di formaggio, di cui non ho memorizzato il nome. La mamma e Antonella hanno esondato. Aspic, tartine, spiedini, uova di quaglia, sformatini di taleggio e grana, sformati a base di radicchio rosso e pera, timballo di riso ai frutti di mare, aragostine con la maionese fatta rigorosamente in casa. Altro che non ricodo. IL secondo non siamo nemmeno arrivati a vederlo. Unica certezza c'era anche l'insalata: caso mai qualcuno avesse ancora un buchino nello stomaco. Dolci (2) rigorosamente fatti in casa da Costanza: stupendi.
Naturalmente ogni portata misurata per dodici, abbondanti. Non ricordo a che punto è arrivata la resa. Molto prima che si arrivasse ai taglolini al nero di seppia. Stravolto, dopo mezzanotte e l'apertura dei regali, me ne sono tornato a casa riportandomi indietro una parte abbondante della mia produzione e della mia fatica. L'unica parola che si adatta a descrivere la situazione è: spreco.
Non è finita qui perchè il gorno dopo, seguendo la tradizione toscana, pranzo del 25 a casa dei suoceri. Non serve commento. Il giorno dopo a cercare di recuperare, congelare il congelabile, riadattare gli avanzi. Che è un lavoro più pesante del cucinare e non da nemmeno soddisfazione.
Conclusione. Nessuno mi parli di cenone di fine anno e per il prossimo Natale inventiamoci una cosa diversa, che so tagliolini al tartufo, tombola e mercante in fiera. Altrimenti, nonostante il possibile ostracismo, io passo.
Quest'anno, con la scusa che eravamo meno, solo dodici abbiamo deciso di cambiare metodo e affidando a ciascuno dei quattro cucinieri abituali la fattura di due piatti. Forse che qualcuno abbia rispettato il limite? Io stesso, lo confesso, con la scusa che non avevo trovato le sarde per farle al beccafico alla maniera palermitana, mi sono lanciato in due antipasti e due primi: polpo tiepido con patate e vol au vent di calamari e carciofi, tagliolini freschi al nero di seppia e, per gli schizzinosi, paccheri cernia e zucchine. Mejir e Laura hanno sostanzialmente rispettato l'impegno producendo inebrianti vassoi di zaziki, taramosalada, melanzanosalda oltre ad una nuova, piccantissima salsa a base di formaggio, di cui non ho memorizzato il nome. La mamma e Antonella hanno esondato. Aspic, tartine, spiedini, uova di quaglia, sformatini di taleggio e grana, sformati a base di radicchio rosso e pera, timballo di riso ai frutti di mare, aragostine con la maionese fatta rigorosamente in casa. Altro che non ricodo. IL secondo non siamo nemmeno arrivati a vederlo. Unica certezza c'era anche l'insalata: caso mai qualcuno avesse ancora un buchino nello stomaco. Dolci (2) rigorosamente fatti in casa da Costanza: stupendi.
Naturalmente ogni portata misurata per dodici, abbondanti. Non ricordo a che punto è arrivata la resa. Molto prima che si arrivasse ai taglolini al nero di seppia. Stravolto, dopo mezzanotte e l'apertura dei regali, me ne sono tornato a casa riportandomi indietro una parte abbondante della mia produzione e della mia fatica. L'unica parola che si adatta a descrivere la situazione è: spreco.
Non è finita qui perchè il gorno dopo, seguendo la tradizione toscana, pranzo del 25 a casa dei suoceri. Non serve commento. Il giorno dopo a cercare di recuperare, congelare il congelabile, riadattare gli avanzi. Che è un lavoro più pesante del cucinare e non da nemmeno soddisfazione.
Conclusione. Nessuno mi parli di cenone di fine anno e per il prossimo Natale inventiamoci una cosa diversa, che so tagliolini al tartufo, tombola e mercante in fiera. Altrimenti, nonostante il possibile ostracismo, io passo.
2 commenti:
Senza considerare il mal di stomaco, la nausea e il senso di colpa dei giorni successivi...Tanti auguri, malgrado tutto.
Wilma... mille auguri anche a te.
Posta un commento